La Fiat 130 fu l’ultima, vera limousine, del Lingotto.
Nei primi anni Sessanta, la Fiat non aveva ancora acquisito i marchi Lancia e Ferrari e quindi aveva la necessità di entrare nel settore di mercato premium dal quale era totalmente assente.
Il padre della Fiat 500 , Dante Giacosa, era molto perplesso sul progetto, poiché riteneva il marchio torinese non adatto a competere nel settore premium, allora predominio di Jaguar e Mercedes.
Rimase però inascoltato e così si iniziò a dar vita al progetto prendendo come punto di riferimento la Jaguar Mark X e la Mercedes 300 SE.
Ne scaturì una vettura con alti contenutici tecnici ma esteticamente destinata a non riscuotere un grosso successo sul mercato.
La vettura con i suoi 4,75 mt di lunghezza, 1,805 mt di larghezza ed 1,438 mt di altezza si presentava imponente ed altera, per i tempi.
Era equipaggiata con un propulsore 6 cilindri a Vdi 60 gradi, con una cilindrata di 2800 cc.
Distribuzione con albero a camme in testa per bancata ed azionamento con cinghia dentata.
L’alimentazione era assicurata da un carburatore verticale doppio corpo Weber 42 DFC.
Il propulsore era abbinato ad un cambio automatico Warner Gear a tre marce più la retromarcia, oppure a richiesta un cambio manuale a 5 marce + retromarcia con velocità massima di 185 km/h.
La vettura fu la prima auto italiana ad avere un cambio automatico.
L’interno, completamente rivestito in velluto o in pelle, ospitava strumenti rettangolari ed allineati, che facevano l’occhiolino alle strumentazioni adottate sulle auto americane.
Fra gli optional era possibile avere il servosterzo e l’aria condizionata.
Nel corso del 1971 venne lanciata sul mercato la coupè, disegnata da Pininfarina.
La linea della coupè si discostava nettamente dalla berlina, poiché presentava tratti tesi e spigolosi e segnava la nascita di una trilogia, perché presso gli stabilimenti Pininfarina si proseguì con la progettazione della Ferrari 365 GTA 2+2 e la Lancia Gamma.
Presso lo stabilimento Fiat veniva assemblata solo la scocca della coupè e poi veniva inviata allo stabilimento Pininfarina che provvedeva alla verniciatura, e all’allestimento apponendo il proprio marchio sulle fiancate.
La Fiat 130 coupè utilizzava gran parte della meccanica della berlina e solo il motore passava da una cubatura di 2800 cc a 3235 cc e 165 cv.
La crisi petrolifera del 1973, segnò però il destino e della limousine e della coupè, ma la vera fine fu segnata dai consumi proibitivi: era facile infatti avere un consumo di 3 km/litro nel ciclo urbano.
Ma la vera fine fu decretata dall’immagine “proletaria” che la Fiat aveva in quei tempi, ritenuta non adatta a cimentarsi nel settore premium .